giovedì 31 luglio 2025

Il gioco negato



I cugini ridevano, si rincorrevano tra le stanze. 
Il tappeto diventava pista, il divano rifugio, e i loro sguardi 
quando si posavano su di me erano taglienti come il vetro. 




“Non puoi giocare,” dicevano. “Vai via.”
 La voce era la loro, ma l’intenzione era quella della nonna. 
La regola tramandata come un comando invisibile.

Io chiedevo piano, con una speranza fragile: “Posso venire a giocare anch’io?” 
Ma bastava uno sguardo storto, una frase sibilata, e quel mondo mi chiudeva la porta.

La nonna osservava, a volte con un sorriso appena accennato. 
“Lasciatela stare,” diceva. Come se fossi troppo poco. 
Troppo silenziosa. Troppo me.


Dove finisce il silenzio, comincia l’abbraccio


Allora tornavo nel mio angolo, seduta vicino alla giara, con Bongo stretto al petto. 
Gli parlavo a voce bassissima. 
“Un giorno giocheremo solo noi. Senza nessuno che ci dica di no.”

E Bongo con la stoffa piena di baci e lacrime ascoltava. Sempre.

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