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mercoledì 13 agosto 2025

La stanza di mio fratello

 Musica, cucito e sogni




La stanza di mio fratello era la prima a destra, appena entravi. 
Piccola, come tutte le stanze di quella casa, ma piena di cose 
che parlavano di lui e anche un po’ di mamma.

Il letto era richiudibile, un mobile che si apriva la sera e spariva al mattino. 
Accanto, sotto la finestra rettangolare con un’unica anta, 
c’era la macchina da cucire di mamma. 
Una presenza silenziosa, sempre pronta, come lei. 
Ricordo il rumore del pedale, il filo che correva veloce
e le stoffe che prendevano forma.

Di fronte al letto, un grande armadio bicolore: noce scuro e avorio. 
Solido, elegante, con le ante che cigolavano appena. 
E a seguire, un baule verde, un po’ ammaccato, ma pieno di misteri: 
vecchi vestiti, spartiti, forse anche qualche sogno.

Vicino alla porta, la tastiera. Mio fratello suonava, e quando venivano i suoi amici, 
la stanza si riempiva di musica. 
Aveva una piccola band, e insieme suonavano le canzoni dei Pooh, di Baglioni, dei New Trolls. 
Lui alla tastiera, gli amici al basso e alla chitarra elettrica. 
Le note si mescolavano alle voci, alle risate, 
ai sogni di ragazzi che credevano nella bellezza di un accordo perfetto.

Io  ascoltavo da lontano, nascosta dietro la porta, 
immaginando di essere a un concerto, con il cuore che batteva al ritmo di quelle melodie 
che ancora oggi ci fanno vibrare.

Quella stanza era un mondo a parte. Un mondo dove si cuciva, si dormiva, si suonava. 
Dove il poco spazio diventava possibilità, e ogni oggetto aveva un’anima.