Un pomeriggio a casa dei nonni, tra divieti e carezze
Ci sono pomeriggi che restano impressi nella memoria come fotografie senza cornice. Non hanno bisogno di essere incorniciati, perché vivono nei dettagli: un profumo, un gesto, un sapore. Questo è uno di quei pomeriggi.
Mamma doveva fare una visita medica di controllo, e mi lasciò dai nonni. Non mi piaceva andare dalla nonna. Era severa, distante. Aveva una collezione di bambolotti vestiti a maglia, con cappellini all’uncinetto che realizzava lei stessa, tutti esposti come in una vetrina. Guai a toccarli. Potevo solo guardarli, e da lontano.
Quel giorno però, tornò dal lavoro il nonno. E tutto cambiò.
Il nonno mi trattava bene. Aveva una grande pianta di gelsomino all’angolo del balcone, che curava con amore. Quel pomeriggio le stava dando acqua. In alto, sul muro vicino alla pianta, c’era una gabbietta con un cardellino. Fischiava in modo meraviglioso. Il nonno si avvicinava alla gabbia fischiettando, e il cardellino rispondeva. Poi lui avvicinava i baffi alla gabbietta, e il cardellino li beccava piano. Era uno scambio affettuoso di fischi e baci. Io restavo lì, incantata. Era il mio spettacolo.
Dopo, il nonno si mise ai fornelli. Preparava i capelli d’angelo, quei fili sottilissimi che cuociono in tre minuti. Li faceva “alla carrettiera”, come diceva lui, una ricetta tipica di Gibellina, il suo paese d’origine. Pelava i pomodori, soffriggeva l’aglio nell’olio d’oliva, aggiungeva tanto formaggio grattugiato e una generosa spolverata di pepe nero. Poi si sedeva al tavolino, con il piatto fumante e un bicchiere di vino rosso. Mi guardava e diceva: “Ne vuoi un po’?” Io, all’inizio, dicevo di no. Poi la mangiavo con lui. Era buonissima, anche se piccantina.
Quando mamma arrivava a prendermi, andavamo a salutare la nonna, che stava nella sua stanzetta degli hobbies, in fondo alla casa, vicino alla camera da letto. In macchina, raccontavo a mamma tutto: il cardellino, i baffi del nonno, la pasta alla carrettiera. E così, eravamo già di ritorno verso casa.
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