Nel cuore della casa, nascosto tra scope e scarpe, c’era il mio rifugio segreto.
Il ripostiglio non era solo un angolo dimenticato: era la mia isola di Peter Pan,
il mio cinema personale.
Arrampicandomi sulla scarpiera, raggiungevo una piccola finestrella.
Bastava inclinare l’anta nel modo giusto, e sul tetto si rifletteva il mondo:
automobili colorate, passanti frettolosi, frammenti di vita.
Io e Bongo, il mio fedele compagno di giochi, scommettevamo sul colore della prossima macchina. Bianca, rossa, verde… ogni attesa era un battito di cuore.
Non c’erano poltrone né popcorn, ma c’era magia.
E non ero più sola. Avevo un cinema tutto mio.
Il cinema delle ore segrete
Ma non era sempre uguale. La magia non si accendeva a comando, come una televisione.
Bisognava aspettare.
Solo in certe ore del giorno, quando il sole si inclinava nel modo giusto,
il raggio di luce filtrava dalla finestrella e colpiva l’anta con precisione.
Allora, sul tetto, si accendeva lo spettacolo.
Io e Bongo lo sapevamo bene. Ci coricavamo sopra la coperta scozzese,
circondati dai nostri giocattoli, e aspettavamo in silenzio.
“Sta per cominciare,” dicevo sottovoce.
E poi… un’automobile rossa, una bicicletta blu, una signora col cane.
Ogni sagoma era una storia.
Ogni riflesso, un frammento di mondo.
E il tempo, per un po’, si fermava.