Non so come sia possibile, ma lo ricordo.
Il profumo di mughetto che aleggiava nella cesta di vimini dove dormivo da neonata.
Una cesta rivestita con stoffa bianca a fiorellini minuscoli, cucita a mano da mia madre.
Quel dettaglio, così lontano, così preciso, mi accompagna ancora.
Come se la memoria avesse scelto di conservare proprio quel frammento, come un sigillo d’amore.
Mio padre era un operaio, ma da giovane aveva fatto mille mestieri.
Tra questi, l’intrecciatore di vimini. Sapeva creare ceste, culle, sedie a dondolo, salotti.
Le sue mani sapevano costruire rifugi.
Mia madre, invece, cuciva.
A mano, a macchina, ricamava con grazia.
Aveva frequentato un corso da sarta, ma non poté ritirare il diploma: costava troppo.
Sua madre, mia nonna, non lo riteneva importante.
Per lei, solo il figlio maschio doveva studiare e laurearsi.
Le femmine dovevano restare a casa, fare le casalinghe.
Mia madre avrebbe voluto diventare maestra o artista, ma le fu vietato.
E io, oggi, rabbrividisco davanti a quell’ignoranza, a quella cattiveria mascherata da tradizione.
Quanti sogni negati, quante ali tarpate.
Eppure, in quella cesta profumata di mughetto, c’era già la bellezza che loro avevano creato insieme.
Con le mani. Con il cuore.
Con tutto ciò che non era permesso, ma che esisteva lo stesso, proprio come me.
Nel profumo del mattino
Nel cesto di vimini, dolce e leggero,
dormivo cullata da un sogno sincero.
La stoffa cucita da mani pazienti,
nascondeva storie, dolori latenti.
Il mughetto spargeva il suo aroma sottile,
come un canto segreto, fragile e gentile.
Mia madre cuciva con occhi lucenti,
mio padre intrecciava con gesti sapienti.
Le donne di casa, silenziose e fiere,
vivevano vite tra sogni e barriere.
Ma in quel profumo che ancora mi resta,
c’è tutta la forza che il tempo non arresta.

Nessun commento:
Posta un commento