mercoledì 24 settembre 2025

Il vestitino cucito da mamma

 Crescere è anche imparare a dire no con dolcezza.

Mamma era brava con la macchina da cucire. Una vera sarta, anche se non lo diceva mai ad alta voce. Aveva mani precise, occhi pieni di idee e una pazienza che sembrava infinita. Ogni tanto, tra una commissione e l’altra, cuciva per me: vestitini, grembiulini, fiocchi, piccoli capi che portavano il suo tocco. Ma il mio preferito era quello scozzese nocciola, una salopette con la gonna, da mettere sopra il maglioncino lupetto blu. Mi faceva sentire elegante, ordinata, e soprattutto… libera.

Libera dalle codine.

Perché sì, mamma insisteva con le codine. Diceva che così rimanevo pettinata e ordinata a lungo. Ma io le detestavo. Mi tiravano i capelli, mi facevano male alla cute, e quando le scioglievo, i capelli restavano con una forma strana, come se avessero litigato con la spazzola.

Un giorno, dopo l’ennesima battaglia davanti allo specchio, dissi: “Basta! Rivoglio il mio caschetto pettinato e ordinato.”


Un pomeriggio nel ripostiglio, tra elastici e fantasia

Mamma si arrese. Ma era triste. Aveva appena comprato una scatola piena di elastici per codine: fiorellini, dadi, caramelle, orsetti… più me li mostrava, più io correvo a nascondermi. Lei cercava di convincermi, io mi barricavo dietro le sedie.

Allora le proposi un accordo: “Tu non mi metti più in testa quei piccoli strumenti di tortura, e io ti permetto di usarli su Bongo.”

Bongo era il mio orsetto di peluche. Paziente, silenzioso, sempre pronto a collaborare. Mamma scoppiò a ridere. Era divertita dalla mia proposta. E così mi diede tutti i  ferma codine per giocare.

Quel pomeriggio, nel ripostiglio, nacque il mio primo salone di bellezza. Bongo entrava, si accomodava su una sediolina fatta con uno scatolo di scarpe, che poi diventava il lavandino. Gli facevo lo shampoo, lo asciugavo, lo pettinavo… anche se non aveva capelli, io li immaginavo. Le sue orecchie diventavano ciocche vaporose, da decorare con elastici a forma di fiore, cubetti colorati, caramelle finte.

Io indossavo il mio vestitino scozzese nocciola, cucito da mamma. Il caschetto era perfetto, ordinato, libero. E Bongo, con le orecchie piene di ferma codine, sembrava uscito da una sfilata.

Quel pomeriggio non era solo un gioco. Era una piccola vittoria, una trattativa affettuosa, un modo per dire “voglio essere me stessa” senza fare la guerra. E mamma, con la sua ironia e la sua fantasia, aveva capito che avrei vinto lo stesso. Mi aveva cucito un vestitino, ma anche un momento di libertà. E Bongo, con le sue orecchie decorate, era il testimone silenzioso di quella complicità.

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