Il mio intervento da bambina e le luci che non se ne andavano
Avevo sei anni quando le tonsille smisero di lasciarmi vivere. Erano talmente gonfie che non riuscivo più a bere nemmeno l’acqua. Respirare era difficile, soffrivo anche di adenoidi. Era un incubo. Decisero di operarmi.
Ricordo la clinica. Buia, angusta, con le finestre alte. Le camere erano immerse in una penombra che mi faceva sentire ancora più piccola. Mi fecero l’anestesia. Entrai in sala operatoria.
Quando mi risvegliai, mamma era lì accanto. Seduta su una sedia, con la mano sulla mia fronte. Indossava una gonna grigia sotto il ginocchio, scarpe nere col tacco basso, un maglioncino nocciola abbinato al cardigan. I capelli erano freschi di parrucchiere, ordinati, profumati. Era il suo modo di darmi forza: essere presente, bella, rassicurante. Non disse molto, ma il suo sguardo parlava per lei.
Quando mi risvegliai, dissi a mia madre che volevo mangiare una minestra con i broccoli. Che poi, io i broccoli li odiavo. Ma lo dissi lo stesso. Nel farlo, mi uscì sangue dalla gola. Mi dissero che non dovevo parlare, né mangiare, né bere. Dovevo aspettare.
Ma la cosa più strana fu l’effetto dell’anestesia. Guardando i muri, vedevo luci colorate che giravano vorticosamente. Spirali di luce, come se il mondo si fosse trasformato in un caleidoscopio. Questo effetto mi durò per mesi. Mi capitava soprattutto prima di addormentarmi, fissando un muro qualsiasi.
Una volta mi successe anche in sogno. Era notte. Guardavo il cielo, e vedevo quelle stesse luci colorate che giravano, formando spirali sopra le montagne. Era inquietante. Non ho mai saputo spiegare cosa fosse. Forse un residuo dell’anestesia, forse qualcosa che la mia mente aveva trasformato in visione.
Oggi, di quel periodo, mi rimane solo quel brutto ricordo. Ma anche la consapevolezza che, da bambina, ho attraversato qualcosa di difficile. E che l’ho superato.
Nessun commento:
Posta un commento